Approfondimento

 

 

MuSa Blues, MuSa Classica e MuSa Jazz insieme per il Mandela Day 2020 

 

progetto e coordinamento di Giorgio Monari

 

Il 18 luglio il mondo celebra l’International Mandela Day, omaggio alla figura del grande presidente sudafricano Nelson Mandela, simbolo mondiale della lotta contro la discriminazione e l’ingiustizia istituzionalizzata. MuSa celebra quest’anno il suo Mandela Day n. 7 segnato dall’epidemia mondiale tutt’ora in corso. Nell’impossibilità di riunire il proprio pubblico, e svolgere in presenza opera di sensibilizzazione come vuole il Goal 10 del Mandela Day –“Encourage public participation and activist voices towards the eradication of poverty and inequality” – MuSa Blues si è associato a MuSa Classica e a MuSa Jazz per due produzioni musicali strettamente collegate e dedicate all’occasione. 

 

Come scrive di recente uno studioso americano, «…people have grown tired of singing "Senzeni na?" ("What have we done?") and rifle through the rest of anti-apartheid's musical catalogue», senza che a questo corrispondano poi veri e propri passi in avanti, ormai necessari, come mostrano le recenti proteste negli Stati Uniti e nel resto del mondo scatenate dalla discriminazione e dalla violenza contro comuni cittadini afrodiscendenti. Di fronte ad un certo canticchiare di comodo e ad una buona volontà di facciata, suona come un monito il discorso di Mandela al processo che ne determinò la lunga carcerazione a Robben Island dal 1964: «During my life-time, I have dedicated myself to this struggle of the African people. I have fought against white domination and I have fought against black domination. I have cherished the ideal of a democratic and free society in which all persons live together in harmony and with equal opportunities. It is an ideal which I hope to live for and to achieve. But if needs be, it is an ideal for which I am prepared to die». È bene quindi che l’occasione di questo nostro Mandela Day n. 7 diventi un’opportunità soprattutto per ripensare la serietà del nostro personale atteggiamento di fronte alla questione della disuguaglianza in generale e, in particolare, per quella che si identifica come discriminazione razziale. L’Italia e gli italiani non costituiscono in questo un’eccezione e non solo per il vergognoso passato prebellico delle leggi razziali e del colonialismo fascista: basti ricordare la vicenda di Jerry Masslo al quale non fu riconosciuto lo status di rifugiato politico e fu ucciso nel 1989 da delinquenti intenti a rapinare la baraccopoli in cui aveva trovato riparo, a Villa Literno. Ancora oggi, dobbiamo fare i conti con una realtà non certo migliore di quella che conobbe Jerry Masslo al suo arrivo in Italia, con una situazione drammatica di sfruttamento e marginalizzazione istituzionale di tutta una popolazione di lavoratori migranti, per altro, chiaramente indispensabili. 

 

Quando allora ci siamo apprestati a progettare questa produzione musicale Sapienza, abbiamo condiviso la coscienza di come dovesse essere un’opportunità per riflettere e ripensare la nostra sensibilità su tutta la questione del razzismo, a partire dai piccoli atteggiamenti di razzismo spicciolo, quale il trattare in italiano per nome o con il ‘tu’ uno studente straniero mentre per gli altri si usa il cognome o il più opportuno ‘lei’, fino a quello che può essere il contributo di una comunità accademica come la Sapienza al discorso culturale e politico su queste tematiche, cui l’ateneo ha comunque sempre dato importanti stimoli negli ultimi anni. 

 

 

Il canto prescelto per l’esecuzione con l’orchestra classica non poteva che essere Nkosi sikelel’ iAfrika (“Dio benedica l’Africa”), inno religioso Zulu e Xhosa e poi canto di resistenza prima di diventare inno nazionale del Sudafrica nel 1994, durante la prima presidenza democratica di Mandela. A simbolo di unità e di uguaglianza, si adottò la seconda strofa in Sesotho e il canto venne fuso nel 1997 con il precedente inno nazionale Die Stem van Suid-Afrika, che costituisce la terza strofa, per concludere con la quarta strofa in inglese. Quando intoniamo e ascoltiamo le belle melodie che lo compongono, possiamo ripensare a quando lo facevano all’esterno del tribunale mentre Mandela veniva condannato al carcere, secondo le leggi dell’epoca dell’apartheid.

 

Il brano dell’autore sudafricano Abdullah Ibrahim ‘Dollar Brand’ (1934-) riveste anch’esso un forte valore simbolico. Pianista, direttore e compositore sudafricano assurto a fama mondiale, aperto sostenitore della lotta contro l’apartheid, innovativo nella sua miscela di jazz e generi sudafricani, ‘Dollar Brand’ visse in esilio dalla metá degli anni ’70 e rientrò nel uso paese solo su invito dello stesso Nelson Mandela che lo volle per il suo insediamento come primo presidente del Sudafrica democratico nel 1994. The Homecoming Song – titolo emblematico – è un brano ‘classico’ del repertorio di quest’autore, dall’album “African Marketplace” (1979) lanciato nei primi anni dell’esilio. Strumentale nell’originale, si è voluto qui ricollegarlo esplicitamente ai valori espressi dall’inno nazionale sudafricano adattandovi le parole della strofa finale dello stesso inno, un invito di portata universale ad un sincero spirito di solidarietà unito ad un sano amore per la propria terra: Sounds the call to come together

 

Con questo spirito MuSa ha celebrato il Mandela Day finora e lo fa anche quest’anno, con la grande Africa di Nelson Mandela, esempio concreto di impegno civile e solidale e di una vita messa al servizio degli altri, perciò quantomai credibile e condivisibile anche nelle sue parole, come quelle storiche rivolte al Sudafrica – ma di portata universale – nel giorno del suo insediamento come presidente (1994): «We know it well that none of us acting alone can achieve success. We must therefore act together as a united people, for national reconciliation, for nation building, for the birth of a new world. Let there be justice for all. Let there be peace for all. Let there be work, bread, water and salt for all. Let each know that for each the body, the mind and the soul have been freed to fulfil themselves. Never, never and never again shall it be that this beautiful land will again experience the oppression of one by another and suffer the indignity of being the skunk of the world. Let freedom reign».

Giorgio Monari, Roma 14 luglio 2020

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